"Paolo
Barozzi - Uno degli ultimi eroi romantici dell’arte contemporanea"
(di Ottavio Pinarello, 2007)
Paolo
Barozzi, dopo quasi cinque decenni di attività ed esperienza nel
mondo dell’arte contemporanea, svolge ancora attivamente la sua
missione in questo ambito con grande dedizione e passione,
organizzando esposizioni ed eventi nei suoi studi a Venezia e a
Milano. Abbiamo infatti avuto modo di incontrarlo nuovamente
proprio nel suo studio veneziano in occasione dell’apertura
dell’esposizione dei disegni di Lisa Ponti, la nota figlia
dell’architetto Gio Ponti. Una mostra interessante, che offriva
una panoramica sugli ultimi lavori di questa particolare artista,
di cui ricordiamo, tra le altre, anche una mostra alla GNAM di
Roma nel 2005. Durante l’inaugurazione era possibile non solo
dialogare amichevolmente con la stessa Lisa Ponti, importante
testimone oculare dell’evoluzione del mondo dell’arte
contemporanea dalla fine degli anni ’30 del novecento fino ai
giorni nostri, ma anche scambiare opinioni con altri ospiti di
rilievo come Italo Zannier, critico e storico della fotografia,
Luciano Chinese, artista e gallerista, o come il pittore Bobo
Ivancich De La Torriente, la cui famiglia era molto legata ad
Ernest Hemingway ed
Ezra Pound. Il tutto sotto la regia di Paolo Barozzi, che
ha saputo offrirci un saggio dell’atmosfera carica di cultura che
ancora si poteva respirare, tra la fine degli anni ’50 e gli anni
‘60, negli eventi artistici o nei salotti letterari, come quello
di Peggy Guggenheim, dove forse si poteva ancora trovare il senso
del gusto per l’arte fine a se stessa, non ancora eccessivamente
contaminato da quello che poi è diventato il mercato, che,
soprattutto ai giorni nostri, sembra essere interessato solo al
valore in denaro e alla “cultura” dell’investimento.
Paolo Barozzi,
discendente di una antica famiglia veneziana di antiquari,
conclusi i suoi studi sulla storia dell’arte, teatro e letteratura
a Londra, fin da giovane è stato attratto e affascinato dall’arte
moderna e contemporanea. Probabilmente ad influenzare
definitivamente il successivo percorso del giovane Barozzi è stato
il fatale incontro nel 1959 con Peggy Guggenheim, che a quel tempo
risiedeva ormai stabilmente nella città lagunare. Nacque quindi
non solo un duraturo rapporto di amicizia, ma anche di
collaborazione, che portò Paolo Barozzi a diventare assistente
personale di Peggy, in particolare dal 1961 al 1967, lavorando con
lei a Palazzo Venier dei Leoni. Ma già prima, nel 1960, proprio su
consiglio della collezionista americana, aveva organizzato a
Venezia la sua prima mostra, un’esposizione d’arte primitiva
africana, che riscosse un notevole successo. In quest’occasione
conobbe Stanley Marcus, proprietario dei grandi magazzini di
Dallas, che gli chiese di seguire una mostra di artisti italiani
organizzata dalla Galleria Malborough di Roma nella capitale
texana. Questo primo trasferimento negli Stati Uniti, che fu poi
il primo di una lunga serie di viaggi tra Oriente, Europa e Nord
America, lo fece soggiornare prima a Dallas e successivamente a
New York, dove tramite Leo Castelli entrò in contatto con artisti
come Jim Dine, Allan Kaprow, Claes Oldenburg e soprattutto con
Andy Warhol, con cui avrebbe avuto modo di vedersi più volte negli
anni successivi tra New York e Venezia, visto anche l’interesse
che Barozzi avrebbe via via sviluppato per la fotografia ed il
cinema “underground”, organizzando in seguito interessanti
esposizioni ed eventi.
Tornato a Venezia nel 1961, iniziò la
collaborazione più attiva con Peggy Guggenheim, entrando quindi a
far parte del suo salotto letterario e mondano, dove ebbe
l’opportunità di conoscere e frequentare non solo molti tra i più
grandi artisti dell’epoca, ma anche famosi scrittori come
Tennessee Williams, Truman Capote, Gore Vidal, Tom Wolfe.
Già dal 1966
avviò poi la sua attività di
gallerista, aprendo spazi espositivi prima a Venezia e
successivamente anche a Milano. Notevole è la lista di mostre di
rilievo che ha organizzato nelle sue gallerie; operando scelte
sicuramente molto illuminate, ha sempre presentato artisti che ora
sono universalmente noti e riconosciuti. Albers, Jasper Johns,
Dennis Hoppenheim, Lichtenstein, Mario Merz, Gastone Novelli,
Claudio Parmeggiani, Man Ray, Rotella, Jesus Soto, Victor Vasarely,
Vedova, Andy Warhol, Gustav Klimt, Joseph Kossut sono solo alcuni
esempi dei nomi degli artisti che ripetutamente sono passati nelle
sue gallerie e sono dimostrazione della sua intensa attività di
promotore dotato di notevole capacità intuitiva.
Gillo Dorfles nel 1999 ha scritto: “…vuole il caso che buona parte
degli artisti di cui Barozzi si è occupato, siano stati tra i
miei preferiti, o addirittura da me presentati (potrei fare –
scegliendone solo alcuni - i nomi di Dorazio, Nigro, Agnetti,
Rauschemberg, Cy Twombly, Pistoletto…). Credo, tuttavia, che il
fatto di veder coincidere certe preferenze e certe scelte non sia
mai dovuto solo al caso. Effettivamente il percorso tracciato da
Barozzi, mi sembra – anche se considerato dall’alto d’una trentina
d’anni – come molto felice e molto omogeneo. Sono pochissimi gli
artisti i cui nomi appaiono oggi sfumati o cancellati, quasi tutti
reggono ancora nonostante le trasformazioni immense che le arti
visive hanno subìto negli ultimissimi anni. (….)”.
Inoltre, parallelamente alla sua attività di collaboratore della
Guggenheim e a quella di gallerista, la sua esigenza di indagare
tra gli aspetti più interessanti delle varie tendenze artistiche e
letterarie che gli si presentavano, unita alla volontà di creare e
divulgare informazione, ha da
sempre spinto Barozzi a scrivere. Ricordava Pierre Restany :”(…)
Paolo non si è limitato ad organizzare grandi mostre personali e
collettive dei più importanti artisti internazionali. Scrittore,
giornalista, ha partecipato in modo attivo alla dinamica culturale
del suo tempo, sempre nella giusta misura del bon ton. (…)” Molti
suoi articoli sull’ambiente dell’arte contemporanea e sui suoi
personaggi sono stati pubblicati su varie testate come “Il Mondo”,
“Domus”, “Vogue”, Harper’s Bazaar”, “Business Art” ed altre; è
stato corrispondente anche per “Time” e “Life”. Ha poi pubblicato
alcuni interessanti libri, a partire ad esempio da “Il sogno
americano” (Ed. Marsilio, 1970), e “Andy Warhol - Voglio essere
una macchina” (Ed. Scheiwiller, 1979), per arrivare
all’emblematico “Con Peggy Guggenheim tra storia e memoria” (Ed.
Christian Marinotti, 2001, s.e. 2004) ed a “Peggy Guggenheim la
collection” (Ed. Assouline, Parigi - New York, 2005).
Una vita completamente dedicata alla passione per l’arte e la
cultura, un’avventura che prosegue tutt’ora e che ci fa apparire
Paolo Barozzi forse come uno degli ultimi eroi romantici dell’arte
contemporanea e sicuramente come un importante testimone dei più
interessanti movimenti artistici degli ultimi decenni. (Ottavio
Pinarello, 2007)
- Uscito e presentato il libro
fotografico "Paolo Barozzi, una passione per l'arte"
dell'artista e scrittore Ottavio Pinarello, con la
prefazione di Gillo Dorfles, pubblicato da
ArteCom Editore (Roma) e distribuito nelle migliori librerie da
Books International (Bologna)
Ricordo di Paolo Barozzi
ll primo di dicembre 2018, a Milano, è improvvisamente mancato
Paolo Barozzi, già assistente personale di Peggy Guggenheim a
Venezia e successivamente gallerista, giornalista, critico e
scrittore, uno dei personaggi più rappresentativi e interessanti
che dalla seconda metà del novecento fino ad ora sono stati
protagonisti del panorama dell'Arte Contemporanea nazionale e
internazionale. Paolo è uno dei discendenti di una delle più
antiche famiglie di Venezia, fin da piccolo è cresciuto in un
ambiente dedito all'arte, visto che il padre e il nonno erano
stimati antiquari nella città lagunare. Tra i loro clienti e
conoscenti c'erano personaggi illustri, tra cui Ernest Hemingway a
cui il giovane Paolo in occasione di una cena nel palazzo di
famiglia aveva confessato la volontà di diventare scrittore. Dopo
gli studi a Londra e un breve periodo lavorativo a Milano, fu il
fatale incontro con Peggy Guggenheim nel '59 a Venezia che
condizionò tutta la vita futura di Paolo. Infatti Peggy gli chiese
di seguirla
con altri amici in un viaggio in Grecia, quello poi divenne un
lungo "viaggio nell'arte contemporanea". Già nel 1960, in uno
studio del padre, Paolo organizzò una prima mostra d'arte africana
con l'aiuto della Guggenheim e del critico Franco Monti, in
quell'occasione conobbe il miliardario americano Stanley Marcus
che poco dopo lo invitò negli Stati Uniti per seguire una mostra
d’arte che si doveva tenere nei suoi grandi magazzini di Dallas,
in collaborazione con la Galleria Malborough di Roma.
Successivamente si trasferì a New York, dove tra l'altro conobbe
in anteprima quelli che sarebbero diventati gli esponenti della
Pop Art, da Rauschenberg ad Allan Kaprow, e in particolare
incontrò diverse volte Andy Warhol grazie a Ivan Karp,
l'assistente di Leo Castelli, il noto gallerista con cui Paolo poi
avrebbe collaborato gli anni successivi. Andy in realtà nel 1960
era considerato ancora un grafico e non era ancora riuscito ad
entrare nella scuderia della Galleria Castelli di New York, ma
Barozzi aveva già intuito le enormi potenzialità che aveva Warhol.
Infatti quando nel ‘61 rientrò a Venezia e iniziò una stabile
collaborazione con la Guggenheim diventando suo assistente
personale, Paolo le suggerì di considerare le opere della nascente
Pop Art, ma Peggy, legata al surrealismo e all'action painting,
non la riteneva una forma d'arte... Gli anni successivi insieme
alla Guggenheim a Palazzo Venier dei Leoni furono un susseguirsi
di mostre, incontri ed eventi, un periodo in cui Paolo ebbe modo
di conoscere di persona non solo i più grandi artisti dell’epoca,
uno su tutti Marcel Duchamp, ma anche importanti intellettuali e
scrittori di livello internazionale, da Truman Capote, a
Tennessee Williams, a Gore Vidal… Un percorso che poi lo portò
alla decisione di aprire delle sue gallerie, pur rimanendo in
stretto contatto con la collezionista americana vista anche la
solida amicizia che li legava. Nel 1966 aprì a Venezia una sua
prima galleria, e successivamente aprì anche a Milano, mosso non
certo dalla volontà di arricchirsi ma da una sincera curiosità e
da uno spiccato intuito che lo spingevano a indagare tra le
diverse tendenze e movimenti artistici, come poi ci ricordarono
parlando di lui personaggi come Pierre Restany, Fernanda Pivano o
Gillo Dorfles. Nel corso degli anni Paolo Barozzi ha esposto i più
grandi nomi del panorama artistico nazionale, da Rotella a
Parmeggiani, da Dorazio a Novelli, e internazionale, da Albers a
Man Ray, a Gustav Klimt, ed è stato uno dei primi a proporre ed
esporre in Italia, vista anche la già citata amicizia con il noto
gallerista Leo Castelli, artisti come Jasper Johns, Dennis
Oppenheim, Lichtenstein, Rauschenberg, Andy Warhol, Allan Kaprow,
Joseph Kosuth, solo per ricordarne alcuni. Dato l'interesse di
Barozzi anche per il cinetico e l'optical, importante fu anche il
rapporto di collaborazione con la nota Galleria Denise René di
Parigi, e in particolare il lungo legame con Lucienne Kilian
(sorella di Denise), con cui organizzò varie mostre, soprattutto
di Victor Vasarely. Fu tra l’altro il primo a esibire il lavoro di
Fabio Mauri nella prima edizione della ormai celebre mostra
“Ebrea”, nel 1971. Ma oltre alla sua attività di gallerista e
promotore d’arte proseguita fino a oggi nei suoi studi di Milano e
di Venezia, Paolo Barozzi espresse il suo interesse per il mondo
dell’arte e per i suoi personaggi anche attraverso la scrittura:
già dai primi anni sessanta realizzò numerosi articoli pubblicati
su diverse testate, da Il Mondo di Pannunzio, a Domus,
da Vogue, a Business Art… Scrisse poi diversi libri,
tra cui si ricordano i recenti “Con Peggy Guggenheim, tra storia e
memoria” (2001), "Venezia - Luogo della Mente"(2009) e "Venezia
Leggendaria - Scrittori e Personaggi"(2009), "Andy Warhol ed Io.
Cartoline dal tempo della Pop Art"(2009), "Da Duchamp agli
Happening - Articoli pubblicati sul Mondo di Pannunzio e altri
scritti"(2013), "Il Retaggio di Jackson Pollock"(2017). Paolo
Barozzi è stato un personaggio eclettico ed originale del mondo
dell’arte contemporanea, di cui è stato un protagonista e un
testimone di fondamentale importanza, la sua scomparsa lascia un
vuoto che non potrà essere colmato… Noi che gli eravamo vicini
abbiamo perso un caro e insostituibile amico, e dopo molti anni di
collaborazione e decine di presentazioni fatte insieme, non riesco
ancora a capacitarmi che Paolo non ci sia più… (Ottavio Pinarello,
dicembre 2018)
|